Lo scenario delle criptovalute si è arricchito nel corso degli anni trainati dall’avanzata del bitcoin e dell’ethereum. La scelta, per chi vuole investire nelle valute virtuali, è davvero ampia. A contendersi lo scettro, però, sembrano essere in particolare il Bitcoin e l’Ethereum. Lottare per il primato, in questo preciso momento storico, vuol dire candidarsi come valuta internazionale, magari (in un prossimo futuro) a sostituire il dollaro. Di seguito, una panoramica sulla prospettiva “criptovaluta moneta internazionale” e un’analisi delle speranze, in tal senso, di Bitcoin ed Ethereum.
Perché una criptovaluta dovrebbe diventare la valuta degli scambi internazionali
Potrebbe sembrare fantascienza, e in effetti i tempi non sono affatto maturi, ma la prospettiva è più che verosimile, solo proiettata in un futuro più o meno prossimo.
In realtà, i motivi per cui una criptovaluta potrebbe diventare la futura divisa per gli scambi internazionali possono essere rintracciati nelle caratteristiche intrinseche del mezzo.
Indipendenza. Le criptovalute non dipendono da nessuna economia in particolare. Un po’ come l’esperanto, potrebbero rappresentare tutti i paesi in maniera imparziale.
Scarsa manipolabilità da parte delle istituzioni. Dietro le criptovalute non c’è nessuna banca centrale in grado di manipolare i tassi e, attraverso questa importante leva, il valore della moneta. I paesi, quindi, non sarebbe costretti a subire le decisione di una istituzione sulla quale non hanno nessun controllo.
C’è da considerare, poi, la questione geopolitica. La conquista da parte di una criptovaluta del ruolo di valuta internazionale potrebbe fare il gioco dei paesi emergenti, che per adesso devono fare riferimento – in maniera più o meno diretta certo – al dollaro. Se proprio qualcuno deve scalzare il dollaro, quindi, è bene che lo faccia una valuta che almeno è sulla carta imparziale, che non dia il là a conflitti più o meno aspri.
Il Bitcoin come valuta internazionale
Sarà il Bitcoin a scalzare il dollaro? Alcuni elementi giocano a favore di questa ipotesi e alcuni a sfavore.
Tra i fattori positivi spicca la popolarità del Bitcoin. Un potere, insegnano i migliori sociologici, è tale solo se legittimato dal basso. E lo stesso vale per il potere che tutte le valute hanno. Se una valuta non è considerata utile agli scambi, semplicemente non viene utilizzata. La storia lo insegna, con esplicito riferimento ai casi di iperinflazione che hanno portato le popolazioni a risfoderare il baratto. Attualmente, il Bitcoin è la valuta che gode dell’appoggio dal basso più ampio e solido. Ha una forma di monopolio nell’immaginario collettivo. Per ora è così: dici criptovalute e pensi al Bitcoin.
Un altro fattore importane risiede nelle performance di mercato. Il Bitcoin è una valuta forte e, quel che è più importante, solidamente inserita in un trend ascendente. Questo è un requisito fondamentale per una valuta internazionale: il valore. Se il dollaro crollasse, non verrebbe vista come valuta utilizzabile per gli scambi internazionali.
Va considerato, poi, l’estrema indipendenza di cui gode il Bitcoin. A differenza di altre criptovalute, per esempio l’Ethereum, non ha nessun legame, nemmeno a livello di endorsement, con le istituzioni. Questo può essere un handicap all’inizio, ma alla lunga potrebbe risultare un vantaggio in quanto gli conferisce una aura di imparzialità.
I fattori a sfavore sono numerosi. In primo luogo, è troppo volatile. E’ vero, infatti, che è inserito in un percorso di crescita ben definito, ma è altrettanto vero che è vittima di ritracciamenti che gli conferiscono una certa instabilità. E, si sa, una valuta internazionale deve essere stabile, in modo da ridurre il rischio di cambio (che è lo spauracchio degli investitori a tutti i livelli).
C’è da considerare, poi, un limite tecnico: il Bitcoin è lento. Ovviamente, il riferimento è alle transazioni. E’ l’effetto collaterale della sicurezza, che è uno dei pregi della criptovaluta. Sono necessari, attualmente, svariati minuti per trasferire denaro, e questo limita l’evoluzione del Bitcoin a mezzo di pagamento, relegandolo al ruolo (comunque felice) di mezzo di investimento. Certo, gli sviluppatori sono corsi ai ripari creando il Bitcoin Cash, ma attorno a questo sperimento permangono alcune incertezze.
Infine, la scarsità di endorsement. Questi se da un lato minano potenzialmente l’indipendenza, dall’altro rendono la criptovaluta più autorevole, ne migliorano la reputazione. Ebbene, il Bitcoin è stato oggetto di pochi endorsement. In alcuni casi, e il riferimento è ad alcuni governatori delle banche centrali, è stato vittima di scetticismo.
L’Ethereum come valuta internazionale
In secondo luogo, l’Ethereum è già attrezzata per essere un mezzo di pagamento “reale” più o meno efficiente. E’ già pronta, le transazioni sono molto veloci.
Di contro, si segnala un deficit di popolarità. Certo è un crescendo, ma rimane ancora molto indietro rispetto al Bitcoin, che è il re incontrastato dalle criptovalute. La lotta per l’immaginario collettivo si prospetta molto ardua, dal momento che è piuttosto difficile incidere in tempi brevi sull’opinione pubblica, soprattutto se l’oggetto del contendere è una platea conservativa come quella degli investitori.
Infine, vanno considerate le performance di mercato. A sottolineare ancora una volta il dominio altrui, l’Ethereum segue il Bitcoin, per la maggior parte. Da questo punto di vista, la sudditanza è palese. Il Bitcoin trascina tutti, quindi anche l’Ethereum. Questo è un elemento che gioca a sfavore, in quanto una valuta internazionale per dirsi tale deve essere autorevole e indipendente.
Alla luce di queste riflessioni, si evince come sia il Bitcoin che l’Ethereum abbiano delle possibilità ma siano frenate da alcuni ostacoli. Per questo motivo, c’è chi pensa che la criptocurrency/valuta internazionale non sarà né il Bitcoin né l’Ethereum ma una valuta creata a tavolino da qualche importante istituzione. I movimenti interessanti, da questo punto di vista, si stanno vedendo in Cina. Il colosso asiatico potrebbe sviluppare una sua valuta virtuale, la quale – visto il presumibile appoggio delle istituzioni – partirebbe avvantaggiata nella lotta per il commercio globale.