Il mondo delle criptovalute è oggetto di un pregiudizio di fondo, certamente commutato dal vasto immaginario collettivo che riguarda il trading online in generale. I meno informati credono, infatti, che le criptovalute (tutte le criptovalute) nascondino una truffa. Sicuramente uno dei motivi che sta alla base di questa percezione negativa, purtroppo molto diffusa, è rappresentato dall’alone di mistero che avvolge questo mondo.

Ad avvelenare i pozzi, però, c’è anche l’operato di veri e propri truffatori i quali, sfruttando la fama delle criptovalute, mietono vittime presso la vasta platea degli ingenui. Sicché, per colpa di qualche mela marcia, si dà addosso a tutto il frutteto.

Il riferimento più recedente è a OneCoin. Chiariamolo fin da subito: OneCoin è una truffa sì, ma non è una criptovaluta. Semplicemente, era spacciata come tale da chi ha programmato è perpetrato l’inganno. L’antitrust ha fatto luce e ha reso inoffensivo il sistema messo in piedi (e purtroppo operativo) condannando peraltro gli autori a una multa salatissima. In questo articolo parleremo proprio della truffa di OneCoin, spiegando accuratamente in che cosa consisteva. Concluderemo con una riflessione sui motivi che hanno portato questa truffa al successo, una riflessione importante affinché ognuno verifichi di essere un soggetto a rischio o meno.

Cos’era OneCoin

OneCoin era una criptovaluta fittizia. Attraverso uno specifico sito, gli autori chiedevano agli utenti di versare del denaro con la promessa che, attraverso una futura attività di mining, quel denaro avrebbe fruttato svariati OneCoin. Nello specifico, si prometteva che, a fronte di un investimento di poco più di 27.000 euro, l’utente avrebbe ricevuto entro un paio di anni circa 3 milioni di euro.

Di mezzo, il buon vecchio schema Ponzi. Chi, tra gli utenti che avevano giù versato denaro, reperiva altre persone pronte a partecipare al progetto, avrebbe ricevuto una somma di OneCoin più alta. Per inciso, lo schema Ponzi è vietato dall’ordinamento italiano da una dozzina d’anni, ossia dall’entrata in vigore della legge 173 del 2005. Una informazione, questa, di cui non tutti sono in possesso, certamente sconosciuta alle vittime al momento dell’adesione al programma.

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Ovviamente, tutto falso. OneCoin non esiste e non è mai esistita, e i 27mila euro che i malcapitati hanno versato non hanno fruttato e non frutteranno un bel nulla.

Il Garante, infatti, ha verificato che le modalità utilizzate dalla società che stava dietro alla truffa, One Life Network, e che si riducevano alla promozione dell’acquisto di valuta virtuale OneCoin e dei pacchetti di formazione, fossero scorrette se messe in relazione ai reali servizi offerti. Già, c’è di mezzo anche la formazione.

A spiegare bene il meccanismo è proprio l’Authority in una nota.

Il reclutamento di nuovi consumatori rappresentava il fine esclusivo dell’attività di vendita e veniva fortemente incoraggiato attraverso il riconoscimento di svariati bonus, unica effettiva e reale remunerazione del programma. L’acquisto del kit di formazione infatti celava la fee d’ingresso necessaria per entrare nel sistema e convincere altri consumatori della bontà del prodotto. In realtà la criptomoneta OneCoin, di cui non è stato possibile verificare l’esistenza e la consistenza, era il pretesto per un sistema che aveva esclusivamente come obbiettivo (e si sosteneva attraverso) l’inserimento di altri consumatori”.

Perché OneCoin ha funzionato

La truffa di OneCoin è stata fortunatamente messa in condizione di non nuocere più. Purtroppo, ha mietuto molte vittime. Eppure, a guardare il sito, un occhio clinico non avrebbe esitato a capire che qualcosa non andava. C’erano vari indizi, infatti, utili a far sorgere più di qualche dubbio.

  • La pagina FAQ era perennemente vuota, recante la scritta “Coming Soon”.
  • Nelle condizioni di servizio si leggeva, certo non a caratteri cubitali, il seguente messaggio: “L’azienda non garantisce che le descrizioni dei prodotti o di tutti gli altri contenuti siano accurate, complete, affidabili, aggiornate o prive di errori”. Queste frasi appaiono come un chiaro tentativo di mettere le mani avanti.

Perché la gente c’è cascata? Ci sono motivi di ordine psicologico e sociale. Prenderne compiutamente visione vuol dire verificare di essere immuni a questo tipo di truffe. OneCoin è stato reso innocuo, ma non è da escludere che in un prossimo futuro spuntino esperimenti del medesimo tipo.

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OneCoin ha fatto leva sulle condizioni di prostrazione emotiva di chi non versa in buone condizioni economiche. Chi ha perso le speranze, si aggrappa a tutto e può vedere come un salvagente chi gli promette di risolvere i suoi problemi senza sforzo e in poco tempo. In più, come si evince dal tipo di comunicazione che gli autori portavano avanti, OneCoin è riuscito a mietere vittime perché diceva loro quello che volevano sentirsi dire. Ossia, che anche loro potevano aspirare al guadagno facile, alla ricchezza, all’affrancarsi dalla necessità di lavorare – spesso con fatica – per poter sopravvivere. In un certo senso, la comunicazione di OneCoin era rassicurante.

Un altro motivo è di natura squisitamente tecnica e ha consentito agli autori della truffa di camuffare le loro vere intenzioni anche al cospetto di chi ingenuo e disperato non lo era. Il sito, infatti (pagina FAQ mancante a parte), era costruito bene, in maniera da somigliare ai siti ufficiali di chi propone servizi per il trading online. C’era persino una parte riservata alla formazione. Insomma, il programma è stato ben congegnato, anche se di fronte alle indagini dell’Antitrust ha dovuto capitolare.

Va detto, poi, che lo schema Ponzi è il più efficace per portare avanti le truffe. Posticipa, infatti, il momento in cui i truffati si accorgono di essere truffati, per via del meccanismo piramidale che spinge i partecipanti ai programmi di ritardare la richiesta dei benefit promessi.

Dan Aran

Dan Aran

Dan è un trader indipendente appassionato di finanza e studio di strategie forex intraday AVVISO: I trading alert, segnali forex e ogni altra indicazione presente in queste pagine non devono essere considerati come consigli di investimento personalizzati ma frutto di libera espressione, studio e analisi degli autori. Non ci si assume responsabilità sulle conseguenze dell'utilizzo delle informazioni presenti.

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