Bail-in: i risparmi in banca non sono più al sicuro
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale due decreti legislativi, il 180/2015 e il 181/2015 con i quali è stata acquisita in Italia la direttiva europea n° 2014/59, che verrà applicata a partire dal 1° Gennaio 2016 e pone dei limiti agli interventi dello Stato in tema di crisi delle banche italiane.
Il termine “Bail-in” indica l’obbligo per le banche, che in un dato momento si trovano in una situazione di squilibrio finanziario, di utilizzare delle risorse interne per risolvere le difficoltà, invece di far fronte a risorse esterne, cioè quelle statali.
Tutto ciò perché i Governi europei non possono più fronteggiare i dissesti economici delle banche, che a partire da Gennaio dovranno, dunque, coprire da se eventuali perdite.
Ma chi rischia con il bail-in?
Quindi non è più lo Stato a
farsi carico delle perdite delle banche, ma i diretti interessati sono i risparmiatori.
La direttiva autorizza il Bail-in su azioni, obbligazioni e conti correnti con depositi superiori a 100mila euro. Quindi a rischiare in primo luogo sono gli azionisti, poi in base ai gradi di garanzia gli obbligazionisti e infine i correntisti con depositi superiori a 100mila euro.
Ad esempio le obbligazioni, subordinate o meno, potranno subire un abbattimento di valore fino al 100%. Proprio perché il recupero interesserà clienti e investitori, la Consob chiede alle banche maggiore trasparenza e di fornire delle informazioni adeguate ai loro clienti sul grado di rischio dei vari strumenti finanziari prima del 1° Gennaio.
Il salvataggio delle 4 banche Italiane
Non ha visto l’impiego di denaro pubblico invece il salvataggio delle quattro Banche Italiane “Banca Marche, Cari Ferrara, Banca Etruria e Cari Chieti”, finanziate invece dalle 3 grandi Banche Intesa San Paolo, Unicredit e Ubi Banca, che hanno anticipato 3 miliardi di euro per non attivare il procedimento di Bail-in.
Il Governo e la Banca d’Italia, infatti, hanno attivato un piano di salvataggio: il Governo attraverso un decreto che prevede la costituzione di 4 good bank e di una bad bank, per accogliere i crediti e i prestiti in sofferenza di tali banche; la Banca d’Italia invece ha istituito l’Autorità di risoluzione che si occupa di gestire le 4 good bank e la bad bank.
Le perdite dei quattro istituti bancari vengono assorbite con l’azzeramento del capitale dei soci e con la svalutazione delle obbligazioni subordinate. Successivamente il Fondo di Risoluzione, creato per raccogliere 3 miliardi di euro necessari a non far fallire le quattro banche, andrà a risanare le perdite.
Soldi che come detto prima derivano da una linea di credito fornita da Intesa San Paolo, Unicredit e Ubi Banca.
Dunque la Nuova Banca Marche ha un capitale di 1miliardo di euro, la Nuova Banca Etruria di 400milioni, la Nuova Cari Ferrara di 200milioni e la Nuova Cari Chieti di 100milioni, mentre le vecchie banche vengono poste in liquidazione coatta amministrativa.
4 salvataggi e migliaia di licenziamenti
Tutto questo si pensa avrà un prezzo molto alto per i lavoratori, in quanto Unicredit, San Paolo e Ubi Banca ha previsto dei tagli del personale entro il 2018.