Le criptovalute stanno andando incontro a una diffusione clamorosa, che si riflette anche nelle performance di mercato, praticamente senza precedenti. Si pensi che attualmente un Bitcoin vale quasi 8.000 dollari.
E’ una bolla destinata a scoppiare?
La risposta non è affatto scontata, anche perché nella direzione opposta a quella dettata dai catastrofisti ci sono i vari tentativi – per ora solo a parole, ma è già tanto, se ammettiamo i principi della forward guidance – delle istituzioni di cooptare le criptovalute nelle dinamiche monetarie delle valute reali.
Certo, tutto si sta verificando all’insegna della prudenza. Le aperture ci sono, ma sono molto timide, sebbene la sensazione è che, in fondo, la strada sia già stata tracciata. Da questo punto di vista, appare distruggere l’opinione di Mario Draghi che, in qualità di numero uno della BCE, è senz’altro uno degli epigoni del sistema finanziario.
Cosa pensa Mario Draghi delle criptovalute? Un suo recente intervento dipinge le valute virtuale con tinte fosche, nonostante abbia riservato loro il beneficio del dubbio.
Il Draghi pensiero sulle criptovalute
Il riferimento è alle parole pronunciate in due occasioni: la conferenza “Youth Dialogue” tenutasi il 22 settembre al Trinity College di Dublino e l’audizione al Parlamento Europeo del 25 settembre. Ebbene, nella prima occasione Mario Draghi ha bocciato le criptovalute, intese però come elemento in grado di sostituire le valute tradizionali, quindi di giocare un ruolo di primo piano nelle politiche monetarie.
Queste le parole del presidente della BCE: “Questa tecnologia non è ancora matura per poter essere considerata nelle politiche monetarie della Bce o come sistema di pagamento”.
Qualche giorno dopo, al Parlamento Europeo, ha espresso un leggero timore circa la possibile integrazione tra “virtuale e reale” ma ha comunque rimandato ogni conclusione a tempi migliori. “Dobbiamo chiederci quali effetti le criptovalute abbiano sull’economia. La Bce non ha ancora discusso l’eventuale impatto delle monete virtuali”.
Dalle dichiarazioni di Draghi emergono tre elementi. Il primo, che le criptovalute, almeno nella coscienze dei decisori economici, non hanno ancora acquisito una dignità tale da richiedere con urgenza una discussione in merito. Ciononostante (secondo punto) non viene disconosciuta, almeno a livello europeo, che le criptovaluta possano generare, se non oggi in un prossimo futuro, una certa influenza a livello sistemico (secondo punto). Infine, che le criptovaluta, più che mezzi di pagamento, sono delle tecnologie. Il termine “tecnologia” sicuramente non è stato tirato in ballo a caso.
Mario Draghi ha ragione?
Certamente, sulla mancanza di maturità non si può che essere d’accordo con il presidente. Tale difetto è dimostrato in maniera inequivocabile dal fatto che le criptovalute sono utilizzate tuttora come strumento di investimento speculativo, piuttosto che come una moneta vera e propria. A incidere è soprattutto la lentezza, ancora evidente nel Bitcoin, delle transazioni.
Anche il secondo punto appare giustificato dalla realtà dei fatti. D’altronde, un asset – qualsiasi asset – che produce performance di questo genere non può che fare pensare a un impatto – qualsiasi impatto, buono o cattivo, notevole o lieve – sull’economia reale.
Infine, appare ragionevole anche la riduzione, se la si vuole interpretare così, della criptovaluta a “tecnologia”. Il motivo di ciò è semplice: l’essenza delle criptovalute è data dal meccanismo delle blockchain, che lungi dall’aver conquistato una dimensione omogenea e universalmente efficace, ne determinano in maniera pressoché completa i destini e le possibilità di successo.
A giudicare dalle parole di Draghi, la strada verso una integrazione del Bitcoin e delle altre criptovalute nel sistema monetario è ancora lunga e incerta. Staremo a vedere cosa riserva il futuro. Per adesso, e per molti va già bene così, le valute virtuali sono un formidabile strumento di investimento.